SITO ITALIANO DI GEOFILOSOFIA |
Luisa Bonesio
Una guida di escursionisti svizzeri, dedicata alla Valtellina,
alla tappa da Bolladore al Mortirolo, diversamente dalla maggior parte
delle presentazioni italiane e anche valtellinesi di questo tratto di
Valle, si dedica alla descrizione partecipe e appassionata – pur
nella stringatezza necessaria al genere – dei sanatori di Sondalo
(1). Essi si rendono perfettamente conto
della straordinarietà dello spettacolo che, ciascuno nella propria
specificità, questi complessi (o i loro residui) offrono dal punto
di vista turistico. La visione surreale offerta dall’imponente complesso
del Morelli, con l’impianto di teleferiche, le arcate dei viadotti,
la completezza di cittadella autosufficiente e microcosmica (dalla chiesa
alla centrale termica), è paragonato a un onirismo febbricitante,
così come la levità liberty dell’Abetina ne fa, ancora
una volta, un edificio dei sogni. Se poi lo sguardo desiderante e nostalgico
si spinge fin dentro alla pineta di Sortenna, sarà appagato dal
sogno supremo dell’architetto Ramponi. “La Pineta di Sortenna
oder Ausonio Zubianis Traum” è infatti il tema della tappa,
secondo l’intelligente unione di escursionismo naturalistico e sguardo
attento al paesaggio culturale. Non una notarile presa d’atto dell’esistenza
(e della sopravvivenza) del complesso sanatoriale, ma la capacità
di vederlo con gli occhi giusti, come un miraggio dell’architettura
moderna, uno di quegli stati di sogno che ancora per poco il nascente
Novecento si concederà, trasfigurando la malattia polmonare in
dimensione estetica e letteraria, ma prima ancora architettonica (2).
Tanto più ammirevole appare questa attenzione straniera, quanto
più trascurate o scorciate sono le indicazioni e l’apprezzamento
“locale” nei confronti di un patrimonio che sembra essere
percepito per lo più come problema occupazionale e gestionale (l’Ospedale
Morelli e l’Abetina) o come spazio di riqualificazione e ammodernamento
edilizio (Vallesana). Manca totalmente una considerazione unitaria, culturale,
architettonica ed estetica, a partire dalla quale intravedere, oltre alla
questione urgentissima della conservazione, la prospettiva della valorizzazione
culturale, dalla quale soltanto potrà discendere quella turistica.
Tuttavia in questa sede il discorso si focalizza sul
profilo culturale e sulla caratterizzazione fortissima del paesaggio,
che, in mancanza di un’adeguata comunicazione e valorizzazione,
rischia non solo di rimanere trascurata come potenzialità di visita
turistica (e quindi di sviluppo del territorio), ma anche incompresa da
parte degli stessi abitanti e scambiata dai viaggiatori in transito sulla
statale (ulteriormente incoraggiati nell’atteggiamento superficiale
dalla velocità della superstrada) per un’edificazione condominiale
selvaggia o un inconsulto proliferare di seconde case. Per non indurre
in questa incompetente – ma purtroppo frequentissima – conclusione
il turista in transito, con la conseguenza di farlo allontanare rapidamente
dal luogo, forse basterebbero dei cartelli che segnalassero il complesso
come patrimonio storico (il Villaggio Sanatoriale è sotto la tutela
dell’Unesco) e artistico (l’Abetina e Pineta di Sortenna).
Se si eccettuano le memorie private e gli archivi personali,
e, in tempi recenti, alcune istantanee di corredo a qualche lancio di
stampa (solo per il Morelli), sembra mancare a tutt’oggi una documentazione
fotografica completa e una comunicazione all’altezza del suo oggetto,
che ne valorizzi gli aspetti costruttivi, estetici e monumentali. La ricaduta
di questa assenza non è solo di ordine documentario ed erudito,
come a suo modo esemplifica la vicenda della dismissione dell’Abetina
da parte del Comune di Milano, “ridotta” a una questione occupazionale
o un problema di adeguazione impiantistica. Se la diffusione delle strutture
sanatoriali caratterizzava tutto il territorio nazionale, dalle Alpi all’Aspromonte,
dall’Appennino alla Sardegna, fino agli anni Sessanta, e la stessa
Lombardia ne contava un certo numero, la singolare concentrazione nella
Valtellina e soprattutto la non comune qualità architetturale devono
fare considerare la realtà degli ex sanatori in provincia di Sondrio
come uno dei dati significativi e caratterizzanti dell’identità
del suo paesaggio culturale: non solo per ciò che è stato
il passato (non troppo remoto) e la sua eredità di memoria e saperi,
ma soprattutto per le potenzialità di futuro che essi racchiudono. 1. Ursula Bauer und Jürg Frischknecht,
Veltliner Fussreisen. Zwischen Bündner Pässen
und Bergamasker Alpen, Rotpunktverlag, 3 Auflage, 2000.
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