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Un’Isola è fatta di ossimori. Distanza. Nel nostro immaginario
è facile associarla alla lontananza,
all’assenza di uno spazio misurabile fra noi ed essa. Anche quando
questa distanza è estremamente vicina,
come nel caso della Sicilia, rimane sempre, in qualche modo, incalcolabile.
Questo non vuol dire che un’Isola, che rifiuta la comodità
della continuità spaziale, dato che il mare determina una cesura
irreparabile, una interruzione della terra,
non abbia localizzazione, anzi si verifica in essa il più stretto
rapporto fra spazio e organizzazione sociale. In nessun caso, come in
un’Isola, la conformazione geografica è l’imprescindibile
costante della formazione politica. Nessuno spazio è al tempo stesso
così esposto e così inassimilabile, di modo che nessuna
dominazione potrà non venire in-sulata, interiorizzata, scomposta
e ricomposta dalla morfogenesi dell’Isola. Quello che manca a quest’ultima
non è lo spazio come identità, seppure esposta e molteplice,
ma lo spazio come relazione pensata, come rapporto di moderazione con
quello che le rimane esterno.
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