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In questi anni si è disegnato un importante movimento
di consapevolezza e riflessione volto a riscoprire l’esistenza di un nomos
intrinseco ai luoghi, che rimettesse in discussione modalità ed
effetti di una pianificazione orientata da criteri quantitativi e meramente
funzionalistici, responsabile del diffuso degrado (geologico, ambientale
e culturale) dei territori: quell’insieme individuabile di invarianti
che gli urbanisti chiamano lo “statuto del luogo”; una griglia di caratteristiche
che definiscono l’irriducibile singolarità, la fisionomia propria
di un territorio, la sua specificità differenziale, la sua cifra
espressiva. Si tratta di caratteri non interamente identificabili nella
pura sembianza estetica, che ne è, casomai, la modalità
in cui ne leggiamo l’attuazione culturale e storica. Non va dimenticato,
infatti, che uno stesso “territorio”, medesimo quanto a morfologia, dati
climatici, vegetazione, struttura geologica, ecc., può essere attualizzato
in paesaggi diversi da culture differenti : i “dati oggettivi” del territorio
geografico costituiscono delle condizioni di possibilità che possono
venire, entro certi limiti, interpretate, selezionate, realizzate o sottolineate
diversamente a seconda della cultura che le assume come proprio “paesaggio
materno”. Il che ricorda opportunamente come termini (e concetti) come
“territorio”, “ambiente”, “paesaggio” non siano affatto sinonimi; in particolare,
come vada evitata la riduzione del “paesaggio”, che è sempre una
costruzione culturale, all’“ambiente”, che ne è la condizione di
possibilità naturale ed ecologica. Il che comporta anche la parzialità
di ogni riduzione alla pura dimensione ambientale o ecologica della conservazione
e/o valorizzazione del paesaggio. Questo indirizzo teorico si trova finalmente
recepito, oltre che nel testo della Convenzione sul peasaggio, anche nel
recente Nuovo codice dei beni culturali e paesaggistici varato nel gennaio
2004, sulla base della delega prevista dall’art. 10 della legge n. 137,
6 luglio 2002, in cui beni culturali e paesaggio sono concepiti come “patrimonio
identitario dell’intera collettività nazionale”. Nella fattispecie,
alla Parte Terza del testo, dedicata ai “Beni paesaggistici”, l’art. 131,
2 recita: “La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i
valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili (corsivo
mio)”. L’art. 138, riprendendo gli intenti già presenti nella Convenzione
europea, si riferisce alle “caratteristiche storiche, culturali, naturali,
morfologiche ed estetiche proprie degli immobili o delle aree che abbiano
significato e valore identitario del territorio in cui ricadono o che
siano percepite come tali dalle popolazioni”. Il testo completo è disponibile in formato pdf.
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